RAVANUSA. Diga Gibbesi: la gestione potrebbe passare a Ragusa. Convocato per oggi nella sede della biblioteca "Zagarrio" il consiglio comunale straordinario. «Intendiamo parlare della questione con tutti i cittadini e con i tecnici interessati» ha detto il presidente del consiglio Salvatore Grifasi. Forte è la preoccupazione che l’invaso possa essere accorpato al nascente consorzio di Ragusa che includerà anche la vicina Gela. «La gestione rimanga al consorzio di Agrigento, massima disponibilità per sostenere la vertenza a fianco dei nostri agricoltori» aveva già detto il presidente D’Orsi in occasione della riunione tenutasi il 1 marzo in tenda, in presenza del senatore Giuseppe Ruvolo, del deputato Vincenzo Giambrone, del direttore generale del Consorzio di Bonifica di Agrigento, dell’assessore provinciale Stefano Castellino, del consigliere provinciale Carmelo Avarello e degli assessori Lillo Gattuso di Ravanusa, Giuseppe Mulè di Licata e Salvatore Tannorella di Palma di Montechiaro. La soluzione non verrebbe vista di buon grado dagli amministratori di Licata e dagli agricoltori, che coltivano circa 46 mila ettari di terreno, e che - pare - vogliano restare legati al consorzio Agrigento «che bene sta operando - da quanto dicono - in favore della nostra provincia e che meglio si può spendere per gli agricoltori del comprensorio». Gli amministratori locali hanno assicurato al presidente D’Orsi la mobilitazione dei rispettivi Consigli comunali: si riuniranno per dare mandato al presidente D’Orsi di chiedere un incontro con il presidente della Regione Lombardo e con l’assessore all’Agricoltura Bufardeci. La diga Gibbesi - studiata per colmare le lacune di un territorio affetto da siccità e carenza di risorse idriche - non è stata mai sfruttata appieno. Negli anni quella che avrebbe dovuto essere un’importantissima risorsa per gli agricoltori del comprensorio di Licata, zona a spiccata vocazione agricola, si è più volte rilevata il punto nevralgico di campagne elettorali clientelari, mai approdate ad una concreta operatività dell’invaso, «luogo privilegiato» di promesse mai mantenute. A peggiorare il quadro già critico, si è aggiunta nel tempo la frammentazione della gestione. Denuncia Umberto Santino, fondatore del Centro Siciliano Documentazione "Peppino Impastato", nel suo rapporto sulla sete nell’isola: «In Sicilia si dovrebbero occupare di acqua 3 enti regionali, 3 aziende municipalizzate, 2 società miste, 19 società private, 11 consorzi di bonifica, 284 gestioni comunali, e 400 consorzi. Una dispersione di energie, oltre che una moltiplicazione di centri di potere, di punti di controllo sul denaro, sul lavoro, sulle persone e sui voti». Ad oggi poi manca ancora la canalizzazione a monte. Tutte problematiche che si trascinano da anni e che la creazione degli Ato sembrava potesse annullare, creando efficienza e anche economicità di gestione, a tutto vantaggio esclusivo dell’utenza. Ovvero della gente.
M. SERENA MILISENNA
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